Nel mese di maggio abbiamo proposto ai nostri studenti il tema del viaggio con la consapevolezza che avremmo potuto provocare della nostalgia inaudita. Lo scopo ovviamente non era quello di sentirsi ancora più frustrati dal confinamento a cui siamo stati costretti a causa della pandemia, ma al contrario, quello di provare ad attraversare insieme proprio questo confine in cui ci siamo ritrovati un po’ tutti nel corso di questi mesi.
Così mentre andavamo, abbiamo scoperto, grazie a Le parole sono importanti (Einaudi, 2019) di Marco Balzano, che il termine ‘confine’ non è sinonimo di ‘limite’, non è un muro o un filo spinato che sbarra l’accesso, ma il luogo simbolico in cui si è destinati a “finire insieme”, ‘cum finis’, un punto dove i limiti di ciascuno si danno appuntamento per conoscersi o riconoscersi a vicenda. Il confine è il luogo del viaggiatore, di colui che va incontro a nuove esperienze.ù
Il viaggio che abbiamo intrapreso all’inizio del mese è terminato a Ottavia, una de Le città invisibili (Einaudi, 1972), in compagnia di un viaggiatore speciale, Italo Calvino, travestito da Marco Polo. Alla fine del percorso abbiamo chiesto ai nostri studenti di scrivere delle note di viaggio.
Buona lettura!
Rappresentazione di Ottavia
Le città sottili
A prima vista, è facile pensare che questo titolo si riferisca al peso di una città, è leggera o no, ma io non la penso così, per me significa uno stato della città. Innanzitutto, la struttura di questa città è chiara e trasparente, si può conoscere facilmente la sua costruzione dall’esterno, poi questa città è consapevole delle sue proprie capacità di carico, quindi sopporta solo quello che è nelle sue capacità, non deve essere somigliante alle altre città che sopportano un fardello così pesante, è proprio questo che la rende una città sottile. Inoltre, anche gli abitanti conoscono bene questo carattere, sanno dì vivere entro un sicuro limite anche se questa città è appesa e si basa solo una ragnatela, si sentono ancora sicuri certi. Invece gli abitanti di altre città non lo sanno, spesso superano persino quel limite della città, dunque, nonostante la loro città sembri più stabile, non hanno un senso di sicurezza. Come oggi, è proprio perché noi non conosciamo bene le capacità di carico della nostra terra e spesso la offendiamo o addirittura la superiamo, è a causa di questo che provoca queste cose brutte di questo anno. Negli ultimi anni, il nostro mondo si sta sviluppando a una velocità incredibile. Esploriamo e sfidiamo costantemente i limiti della terra. Infatti, abbiamo veramente ottenuto enormi risultati, ma a volte dovremmo anche pensare al valore pagato per raggiungere questi risultati.
Monica, Zhen Xue
Ottavia
La città Ottavia è una città sospesa sul vuoto, sulla ragnatela. Penso che forse Ottavia sia una città davvero vuota, cioè che non ci sia nessuna persona. Perché la base, una ragnatela, è così instabile. A mio avviso, è un segnale di pericolo: come il caos delle regole, della legge, delle discipline nella vita reale. Ma se ci sono abitanti, credo che loro sappiano chiaramente che ci sono dei rischi. Come ha detto Calvino, “Sanno che più di tanto la rete non regge”, ci indica che loro sono indifferenti ai problemi. Quale sarà la conseguenza? Ovviamente, la caduta, la morte. Pertanto, Ottavia sembra un vero avvertimento lanciato da Calvino a noi tutti, se ci concentriamo solo sullo sviluppo della superficie della società come gli edifici belli di Ottavia, ma ignoriamo la costruzione della base, del sistema della vita, la società cadrà. Nel complesso, non possiamo andare su a meno che non espandiamo il limite della nostra base. Ricordiamoci che “la rete non regge”.
Silvia, Tang Jia
Le città invisibili
Ho sfogliato un po’ questo libro e ho appena cominciato a leggerlo con l’aiuto del dizionario e una versione tradotta. Più che un’opera narrativa, sono incline a considerarlo come una raccolta in prosa o di poesia. Cercando le informazioni su Internet, ho notato che ci sono tante discussioni sul tema, la struttura e lo stile della sua locuzione. Leggere le recensioni degli altri, mi ha tolto qualche curiosità. Devo dire che più la conosco, più trovo sorprendente quest’opera. Oltre alla struttura notevolmente ordinata come un’architettura, il contenuto è stupendo. Non è presente in un ordine cronologico, anzi quasi non c’è una regola che è necessaria da rispettare quando lo leggiamo. La sua frammentarietà l’ha reso piuttosto incomprensibile mentre ci fa sentire più facile riprenderlo in qualsiasi momento. Calvino ci ha descritto 55 città piuttosto irreali, ognuno di loro è unica e mi sembrano incantevoli. Dopo aver provato a leggere qualche capitolo, mi sembra ancora troppo presto per parlare del suo tema o della sua mentalità. Non credo che voglia parlare solo della formazione della città in crisi, ma adesso penso di essere in grado di concentrarmi solo su questo. Rappresentando queste città meravigliose o spaventose, attraenti o minacciose, Calvino ci ha dimostrato tante possibilità di formare una città, ha provato a spingerci a pensare all’essenza della città. Nella sua narrazione, la città non è soltanto un posto o un ambiente in cui viviamo la vita quotidiana, non è neanche qualcosa creata e costruita artificialmente. La città potrebbe essere un concetto tanto più complesso. Certo che la città non è mai priva dell’influenza umana, non è un territorio che abbiamo sempre in pugno con certezza. Più che un’area confinata sotto il controllo degli esseri umani, la città di Calvino è come un organismo vivente che ha la sua propria coscienza, è un complesso di fattori necessari e casuali. Ci fa capire che le cose più moderne, più avanzate, che apprezziamo molto, potrebbero risultare come un allarmismo senza senso. Anche se le città nel racconto del mercante veneziano non sembrano molto credibili, direi che mi fa sempre piacere
immergermi nella sua narrazione.
Erica, Kuang Junxian
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